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17/02/2021
Il ruolo del Terzo settore per il rilancio del Paese
Non profit protaginista anche alle ultime consultazioni di Draghi
Raccontiamo spesso di come il Terzo settore contribuisca a tenere insieme il tessuto sociale del nostro Paese e, talvolta, a ricucirlo quando si strappa. Lo ha dimostrato molte volte nel corso della pandemia che stiamo vivendo, ma ha sempre avuto un ruolo chiave ricordato in tempi recenti anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
È un protagonista importante anche in virtù dei numeri che lo contraddistinguono e che evidenziano la portata dello sforzo e le potenzialità che il Terzo settore può esprimere: circa 360 mila istituzioni non profit attive sul territorio italiano, oltre 853 mila addetti, 5,5 milioni di volontari, un volume di affari che si aggira sui 64 miliardi di euro che contribuisce al Pil nazionale per il 3,7%.
Per tutte queste ragioni, alcuni vorrebbero che il Terzo settore avesse una delega governativa, un’ipotesi tornata di attualità all’indomani delle consultazioni del nuovo premier Mario Draghi che ha convocato le parti sociali in un momento di grande incertezza per tutti. Sebbene sia tutto ancora da capire e si parli ancora di ipotesi e di auspici in questo senso, non sfugge il percorso evolutivo che sta attraversando il mondo del non profit, anche per gli effetti della riforma ancora da portare a termine.
Lo ha ricordato Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale del Terzo settore convocato da Mario Draghi. «Per uscire dalla crisi – ha detto Fiaschi – è necessario lavorare alla costruzione di un modello di sviluppo sempre più socialmente sostenibile. Abbiamo il vantaggio di non partire da zero, ma è necessario valorizzare anche ciò che già esiste, ossia la libera iniziativa organizzata dei cittadini, capace di generare un impatto sociale attraverso numerose attività di interesse generale in forma non profit, una realtà che in Italia chiamiamo Terzo settore. Migliaia di associazioni, gruppi di volontariato, cooperative e imprese sociali che oltre a realizzare servizi per il benessere delle persone e delle comunità generano anche buona economia».
In uno scenario in cui l’Italia è chiamata a mettere insieme energie e risorse per lavorare al rilancio del Paese (si pensi all’immenso sforzo progettuale che richiederà il Recovery Plan), il coinvolgimento del non profit potrebbe fare davvero la differenza.
È un protagonista importante anche in virtù dei numeri che lo contraddistinguono e che evidenziano la portata dello sforzo e le potenzialità che il Terzo settore può esprimere: circa 360 mila istituzioni non profit attive sul territorio italiano, oltre 853 mila addetti, 5,5 milioni di volontari, un volume di affari che si aggira sui 64 miliardi di euro che contribuisce al Pil nazionale per il 3,7%.
Per tutte queste ragioni, alcuni vorrebbero che il Terzo settore avesse una delega governativa, un’ipotesi tornata di attualità all’indomani delle consultazioni del nuovo premier Mario Draghi che ha convocato le parti sociali in un momento di grande incertezza per tutti. Sebbene sia tutto ancora da capire e si parli ancora di ipotesi e di auspici in questo senso, non sfugge il percorso evolutivo che sta attraversando il mondo del non profit, anche per gli effetti della riforma ancora da portare a termine.
Lo ha ricordato Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale del Terzo settore convocato da Mario Draghi. «Per uscire dalla crisi – ha detto Fiaschi – è necessario lavorare alla costruzione di un modello di sviluppo sempre più socialmente sostenibile. Abbiamo il vantaggio di non partire da zero, ma è necessario valorizzare anche ciò che già esiste, ossia la libera iniziativa organizzata dei cittadini, capace di generare un impatto sociale attraverso numerose attività di interesse generale in forma non profit, una realtà che in Italia chiamiamo Terzo settore. Migliaia di associazioni, gruppi di volontariato, cooperative e imprese sociali che oltre a realizzare servizi per il benessere delle persone e delle comunità generano anche buona economia».
In uno scenario in cui l’Italia è chiamata a mettere insieme energie e risorse per lavorare al rilancio del Paese (si pensi all’immenso sforzo progettuale che richiederà il Recovery Plan), il coinvolgimento del non profit potrebbe fare davvero la differenza.